"Cosa costa provare" molti dicono così a sentire la storia di Charlie. Provare terapie sperimentali costa, costa tanto per quel bambino, costa in dignità di vita e in qualità di vita, costa in dolore procurato a quel bambino. Una terapia sperimentale non è scelta dal bambino ma dai genitori che si aggrappano a ogni possibile cosa pur di continuare a tentare per tenere lontano il dolore del distacco... e chi più di me li capisce. Ma un bambino non è una cavia. Lasciar andare, aver la forza di dire basta è la cosa più difficile del mondo, ma non lo è così tanto se prima di noi stessi mettiamo io bene del nostro bambino. Sulla carta tutti diremmo che un genitore faccia così.. purtroppo non è così immediato. La linea sottile tra cura e accanimento è difficile da scorgere con un amore così grande quale quello di un genitore per il proprio figlio. Questo amore rischia di renderci egoisti e pensare che averlo con noi sia l'unica via per il bene del nostro bambino, e allora ci attacchiamo a tutto, a ogni terapia proposta che ci dia anche una percentuale irrisoria o nulla, ma si tenta... ma è poi così giusto?? Far soffrire un bambino per averlo uno giorno, un mese, un anno in più è giusto? Usarlo come cavia è giusto?
Per Noi, per Seba e per me, no. Abbiamo sempre cercato di mettere il bene di Giuseppe al primo posto, affidandoci (seppur ammetto la mia fatica iniziale) ai medici e chiarendo con loro che NOI NON VOLEVAMO ACCANIRCI, fin dal primo colloquio lo dicemmo. A ogni fase del percorso ci chiedevamo e chiedevamo ai medici "ha senso?"... alla fine insieme abbiamo detto basta. Siamo andati avanti finché la qualità di vita era buona, le terapie dure, ma sopportabili e la speranza di successo era concreta. Poi al ritorno della malattia, al prospettarsi di un nuovo intervento, non eravamo più per niente tranquilli sul procedere... un emorragia cerebrale fu provvidenziale... non aveva più senso intervenire... bisognava curare in modo diverso, accompagnandolo a una morte serena. Pensate sia stato facile per noi? No, certo che no. Ma era la cosa giusta da fare. E bon!
Quell'ultimo periodo fu il più difficile e doloroso, ed è doloroso ricordarlo. Ma un genitore sa soffrire per il bene del proprio figlio. Questo è il mio pensiero.
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