Durante la malattia di Giuseppe e dopo la sua morte, mi son sentita dire cose che preferirei proprio non sentirmi dire. So che chi lo fa le dice non per offendere, ma con l'intento di aiutare o confortarmi, ma al contrario irritano o intristiscono. Il mio non è un giudizio, ma un invito a riflettere: pensate a chi state parlando. Questo post non è politicamente corretto, ma estremamente sincero. So che avere a che fare con me può non essere semplice, ma pensate mica che la mia vita sia semplice? So che di fronte a me molti sono in imbarazzo e in difficoltà nel non sapere che fare o che dire, ma è niente in confronto alle nostre difficoltà di ogni giorno. Io non penso di essere cattiva nello scrivere queste cose, voglio solo farvi capire cosa proviamo noi genitori che perdiamo un figlio. Ogni dolore è diverso e ha una sua dignità e forse in queste cose ci si trova anche qualcun altro, ma sicuramente mi ci trovo io ogni giorno. Poi ammetto che alcune cose le accetto da chi mi è vi
Sono passati molti anni dalla morte di Giuseppe, almeno per la stragrande maggioranza della gente 8 anni sono tanti. Non è un male, ed è assolutamente naturale, che per molti Giuseppe sia solo un bel ricordo e che non faccia più male. È naturale che non ci siano più per loro eventi che portino alla mente la sua immagine. Per me e per il suo papà è molto diverso. Paradossalmente ci sono momenti in cui fa più male di otto anni fa. Fa più male perché siamo più soli nel nostro dolore. Quando Giuseppe è morto sentivamo che non eravamo così soli a soffrire, anche se il dolore non era lo stesso, tante persone soffrivano con noi, capivano immediatamente che le nostre reazioni potessero essere legate a quel dolore. Inoltre le persone intorno a noi al momento della morte di Giuseppe erano persone che sapevano tutto. Non dovevo spiegare, non dovevo raccontare, erano a conoscenza del nostro vissuto. Oggi invece conosciamo nuove persone che non sanno nulla. Ci troviamo spesso a dover decidere se