Quando è morto Giuseppe, le persone che mi circondavano erano addolorate o nel dolore con me. Il mio dolore era riconosciuto, accettato, condiviso dalle persone vicino a me. Chi mi incontrava non si aspettava che io sorridessi, tutti coloro che avevo intorno conoscevano la mia storia, se sorridevo era un sorriso sincero… magari triste perché il dolore era vivo, recente, ma non esisteva il sorriso di circostanza. Con orgoglio e forza, forse anche un po’ di rabbia, non mi curavo di “nascondere” la morte di Giuseppe. A chi mi chiedeva “ come stai ?” Rispondevo con la verità disarmante, lasciando senza parole. “ Il mio dolore non è nulla confronto al loro disagio ”. Questo pensavo e questo penso tutt’ora. Il mio dolore però era considerato legittimo perché era passato poco tempo dalla morte di Giuseppe. Negli occhi delle persone poteva esserci disagio, ma spesso anche affetto ed empatia. Chi aveva vissuto con noi la malattia e la morte di Giuseppe si era messo in pausa per noi, av
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