Passa ai contenuti principali

Vita da incubo

Su Facebook ho trovato questa immagine sulla mia Home 





Conosco esattamente la sensazione di vivere un incubo. Ci sono momenti in cui ti rendi conto di questo, di quanto la tua vita si avvicini all’idea di vita più brutta che potessi immaginarti. 
La mia idea, fin da piccola, era che ciò che di più grave per me fosse la malattia e la morte di un figlio.
La sensazione di vivere un’incubo però non è stata per me perenne, ricordo esattamente il mattino e il periodo in cui l’ho percepita più forte. Poi piano piano è svanita, non perché la mia condizione di vita fosse migliorata, ma semplicemente perché ho digerito la vita che mi è stata affidata e ho cercato di trarne il meglio per me e per chi ho intorno.

Ricordo una mattina al risveglio, credo fosse dopo i primi cicli di chemio, quando il tumore tornò. Quello per me fu il momento della sconfitta. In quel momento sapevo inconsciamente che la nostra battaglia sarebbe stata difficilmente vinta. Dovevo digerire questa dura realtà.
Una notte sognai Giuseppe che stava bene, preparavo, se non ricordo male, il materiale per la scuola che avrebbe iniziato anticipatario. Lui era felice e sano nel mio sogno. Un sogno così reale da farmi crogiolare nella serenità di quel bellissimo momento, illusa che fosse la realtà. Il risveglio fu traumatico... rendermi conto che tutto ciò non era possibile fu difficile e realizzai che il mio incubo era la mia vita reale e non un’eventualità remota. 
Rimane sempre la voglia di sognare Giuseppe e crogiolarmi nei sogni. Ogni genitore che perde un figlio lo desidera, per ascoltare la sua voce o riabbracciarlo, ma a differenza di quel periodo ho imparato che la vita può essere bella comunque, certo un po’ più difficile, ma ugualmente bella. 

Di seguito il link del post da cui è scaturita questa mia piccola condivisione.

https://www.facebook.com/131616930235995/photos/a.639372242793792.1073741825.131616930235995/1770605583003780/?type=3

Commenti

Post popolari in questo blog

10 cose da non fare con chi ha perso un figlio

Durante la malattia di Giuseppe e dopo la sua morte, mi son sentita dire cose che preferirei proprio non sentirmi dire. So che chi lo fa le dice non per offendere, ma con l'intento di aiutare o confortarmi, ma al contrario irritano o intristiscono. Il mio non è un giudizio, ma un invito a riflettere: pensate a chi state parlando. Questo post non è politicamente corretto, ma estremamente sincero. So che avere a che fare con me può non essere semplice, ma pensate mica che la mia vita sia semplice? So che di fronte a me molti sono in imbarazzo e in difficoltà nel non sapere che fare o che dire, ma è niente in confronto alle nostre difficoltà di ogni giorno. Io non penso di essere cattiva nello scrivere queste cose, voglio solo farvi capire cosa proviamo noi genitori che perdiamo un figlio. Ogni dolore è diverso e ha una sua dignità e forse in queste cose ci si trova anche qualcun altro, ma sicuramente mi ci trovo io ogni giorno. Poi ammetto che al...

Quel sorriso di circostanza

Quando è morto Giuseppe, le persone che mi circondavano erano addolorate o nel dolore con me.  Il mio dolore era riconosciuto, accettato, condiviso dalle persone vicino a me. Chi mi incontrava non si aspettava che io sorridessi, tutti coloro che avevo intorno conoscevano la mia storia, se sorridevo era un sorriso sincero… magari triste perché il dolore era vivo, recente, ma non esisteva il sorriso di circostanza.  Con orgoglio e forza, forse anche un po’ di rabbia, non mi curavo di “nascondere” la morte di Giuseppe. A chi mi chiedeva “ come stai ?” Rispondevo con la verità disarmante, lasciando senza parole. “ Il mio dolore non è nulla confronto al loro disagio ”. Questo pensavo e questo penso tutt’ora.  Il mio dolore però era considerato legittimo perché era passato poco tempo dalla morte di Giuseppe. Negli occhi delle persone poteva esserci disagio, ma spesso anche affetto ed empatia.  Chi aveva vissuto con noi la malattia e la morte di Giuseppe si era messo i...

La pietra sul cuore della mamma di un angelo

Il macigno sul cuore. Questa è la sensazione che ti accompagna ogni giorno quando sei genitore di un angelo. La tua vita è accompagnata da un macigno che appesantisce ogni momento della tua vita. Quel macigno c’è sempre... il tuo cuore col tempo acquisisce la forza di sostenerlo, ma non ha forza per molto altro ed il crollo è lì, da un momento all’altro.  Devi fare i conti con la tua debolezza, col tuo essere fragile. Devi imparare i tuoi limiti, riconoscere gli ambienti negativi che appesantiscono ulteriormente il tuo cuore e cercare di evitarli.  Cose che, con tutta probabilità, prima della perdita di tuo figlio sopportavi senza problemi, oggi diventano insormontabili montagne perché il tuo cuore è già schiacciato da un peso enorme e non ce la fa proprio a sopportare troppo altro peso.  Questa condizione accomuna tutti noi genitori di angeli in cielo.  E più quel figlio lo hai abbracciato, baciato, curato, più hai accumulato ricordi insieme a lui, più hai costr...