Sta mattina ero in aula ricevimenti. Terminati i colloqui, scambio due parole con una collega. Sono nuova di questa scuola e conosco poco, anzi per nulla, le storie dei miei colleghi. Con alcuni scocca una sintonia da subito, è il caso della collega di sta mattina. Al mio arrivo mi aveva accolta con un sorriso e resa partecipe della realtà della classe che coordina... mi piacque subito, percepivo nel suo modo qualcosa di mio, ma non sapevo cosa.. e neanche ci pensai molto.
Sta mattina, non so bene come ci siamo arrivati, ho citato Giuseppe, lei mi chiede se avessi perso un figlio, le dico di si. “Anche io” mi dice. La sintonia mi fu chiara...
Probabilmente chi avesse assistito a quell’incontro lo avrebbe definito surreale, due donne che ridono della loro dolorosa esperienza... che si raccontano ridendo di quando si commuovono e piangono. Ridono perché si sentono comprese nel profondo l’una dall’altra. Libere di dire ciò che vivono senza la paura di destare emozioni spiacevoli o di dover spiegare i perché e per come di uno stato d’animo.
“Sai sta mattina ho pianto perché ho visto un oggetto che non ho buttato di mio figlio”
(Ridendo) “ma guarda, capisco benissimo, sapessi quante volte mi succede!”
Parlare al presente, sapendo di non dover spiegare che per te è vivo nel tuo cuore, che rimane per sempre tuo figlio.
Raccontarti ciò che oggi ti rende felice, senza il sospetto che si possa dimenticare un figlio perché di fronte a te c’è qualcuno che LO SA e non immagina solamente.
Queste sono cose rare e belle.
Un incontro di pochi minuti, bellissimo, ricco, profondo. Per dirle alla Martin Buber, un raro momento di IO-TU... un momento di grazia.
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