Fare i conti con i propri limiti non è semplice. Per me è stato particolarmente complicato, soprattutto questa volta. Forse perché tutti mi dicono quanto sono forte ad aver affrontato la malattia e il lutto... probabilmente mi sono montata la testa.
Mi ero prefissa, per questa gravidanza, che avrei lavorato fino alla fine, che avrei fatto tutto.. la prof, la mamma, la moglie.... tutto. E certamente lo avrei fatto... Non fosse che il mio fisico non è stato proprio dell'idea. Vuoi l'età, vuoi semplicemente ciò che una gravidanza comporta.
Tutti che ti dicono "stai a casa" ma tu non vuoi.. hai mille cose in ballo, i ragazzi contano su di te, non puoi mollare.
Ma poi devi farti una scala di priorità. Hai un bimbo in grembo... Non ci sei solo tu.
Ecco, per me questo punto, questa volta è stato un problema.
Per Giuseppe era naturale che lui ci fosse e che io mi dedicassi totalmente al suo bene, fin da quando ho scoperto la gravidanza. Non ho faticato per nulla a rinunciare a qualsiasi cosa per lui.
Serenamente.
Poi Giuseppe si è ammalato ed è morto ed io mi son trovata spersa...
Avevo basato tutta la mia vita, ogni scelta fatta, in funzione della famiglia... e mi ritrovavo senza nulla.
Certo, non era davvero così, ma così mi sentivo. Avevo perso tutto!
E allora? Che fare?
Piano piano mi sono ricostruita, cercando nuove cose che mi dessero gioia... che riempissero i giorni....
Anche cose futili: tempo solo per me! Egoisticamente per me: la corsa, il trucco, lo shopping. Le uscite con le amiche divennero fondamentali. Il lavoro divenne importantissimo.
E in tutto questo che fine aveva fatto mio marito? La mia famiglia?
Beh, certamente continuavano a starmi vicino come sempre... sapevo che mi amavano e mi amano e che io amavo e amo loro, ma si portavano dietro una dose di ricordi che per me erano come il vapore di una pentola a pressione... prima o poi esplode senza valvole di sfogo.
Le mie valvole di sfogo erano aperitivi e serate con l'amica, shopping e ovviamente il lavoro. A scuola mi son sempre sentita bene.
Ed ecco arrivare una gravidanza... certamente voluta, ma, soprattutto i primi mesi, con in carico di paure dentro... una serie di cambiamenti e rinuncie da fare nella mia vita che mi spaventavano perché mi spaventava il dolore che senza quelle valvole di sfogo sarebbe tornato a bussare prepotente al mio cuore.
Poi le rinuncie le ho fatte... le scelte per il bene del nascituro le ho prese... ma con tanta fatica.
Rinunciare all'aperitivo, rinunciare alla corsa, alla forma fisica appena riacquistata e soprattutto al lavoro in ultima battuta, ha comportato una fatica per me.
Oggi che Marianna è ormai una certezza, che la sento muovere e interagire in me; oggi che ho realizzato che ero davvero troppo stanca e che correvo dei rischi a non fermarmi e che non è stato un capriccio ma una necessità, oggi attendo con ansia di abbracciarlo, non senza le paure dei limiti che dovrò affrontare, ma con la ritrovata voglia di limitarmi per il bene della mia bambina, con maggiore serenità.
Quando la abbraccerò nuovamente tutto avrà più senso. Anche i limiti con cui ho dovuto e dovrò fare i conti.
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